Approfondimento sui concetti di “buono” e “sano”.
Gli zuccheri semplici sono necessari?
Che “dolce sia buono” può essere una verità per il nostro palato, ma è ben noto che non sempre vale il binomio “buono è sano”.
Questo è il caso degli zuccheri semplici aggiunti ai vari alimenti: i tanto amati zuccheri infatti non sono indispensabili nella nostra dieta. Gli esperti concordano sul fatto che non è prevista la necessità di un apporto minimo quotidiano di zuccheri; invece esiste, ed è fissato al 15% dell’introito energetico giornaliero, il livello di oltre il quale il consumo di zuccheri può rappresentare un rischio per la salute. Infatti, l’eccessivo consumo abituale di saccarosio, fruttosio o altri zuccheri semplici aggiunti favorisce l’aumento di peso, che prelude a dislipidemie, diabete e malattie cardiovascolari (1).
Le principali fonti di zuccheri semplici nella nostra alimentazione.
Secondo i LARN (Livelli di Assunzione di Riferimento dei Nutrienti) elaborati dagli esperti di nutrizione, la fonte principale di zuccheri semplici nella dieta degli italiani è rappresentata dal gruppo “Prodotti dolciari e sostituti” (28%) seguito dal gruppo “Frutta” (24%) e dal gruppo “Cereali e derivati” (18%). Altre fonti sono “Latte e derivati”, “Bevande analcoliche” e “Verdura e ortaggi”, che contribuiscono rispettivamente con l’11%, il 10% e il 7%.
L’assunzione di bevande zuccherate è particolarmente dannosa, in quanto apporta calorie senza fornire altri elementi nutritivi. Inoltre, modifica il senso di sazietà e, a lungo termine, ha un’influenza anche sull’assunzione di altri cibi o bevande.
Al gusto dolce ci si abitua, purtroppo… e da qui derivano i guai per la salute.
Alternative “light” o a “zero calorie”
Con l’obiettivo di rispondere alla domanda di bevande dolci (e di non perdere aree di mercato) senza incorrere nell’accusa di danneggiare la salute, l’industria alimentare propone alternative “light” o addirittura “zero” nelle quali gli zuccheri semplici sono sostituiti con dolcificanti non calorici.
Il successo di questi prodotti testimonia la diffusa illusione di poter “bere dolce” senza aumentare di peso. Ma è il caso di porsi alcune domande. I dolcificanti o edulcoranti sono additivi alimentari di origine naturale (stevia) o prodotti artificialmente (aspartame, saccarina, sucralosio e altri) che conferiscono un sapore dolce agli alimenti mantenendone ridotto il contenuto calorico. La loro sicurezza è certificata dall’EFSA (European Food Safety Authority) (2).
La convinzione generale è quella che un prodotto “senza zucchero” non contenga calorie e sia dunque più “salutare”; in realtà in molti casi le calorie sono comunque presenti, e soprattutto gli effetti sul metabolismo e sulla salute in generale sono ancora controversi. Mentre alcuni studi riportano l’efficacia dei dolcificanti – se assunti in sostituzione degli zuccheri – sulla riduzione del rischio di sovrappeso, obesità e diabete, altri portano a conclusioni opposte (3,4).
Effetti dei dolcificanti artificiali sull’ambiente intestinale e sul metabolismo.
Un lavoro pubblicato nel 2014 sulla rivista Nature ha dimostrato che il consumo cronico di saccarina, sucralosio o aspartame modifica il microbiota intestinale, provocando intolleranza al glucosio, una condizione di “prediabete” (5).
Più recentemente, è stato visto che il consumo di sucralosio in associazione ai carboidrati complessi (ma non isolatamente) è in grado di provocare resistenza all’insulina e compromettere rapidamente il metabolismo del glucosio (6). Sarebbe quindi da abbandonare l’abitudine diffusa di accompagnare con una bibita dolcificata un pasto a base di pizza o patatine fritte. Lo stesso studio ha mostrato che l’associazione sucralosio-carboidrati altera la risposta delle aree cerebrali deputate all’elaborazione del gusto dolce (6).
Il gruppo di ricerca NutriNet-Santé ha preso in esame per 10 anni le abitudini alimentari di più di 100.000 soggetti. L’analisi dei dati ha messo in luce che sia il consumo abituale di bibite zuccherate, che quello di bibite edulcorate con dolcificanti artificiali non calorici (aspartame, sucralosio, stevia o simili), aumenta il rischio di patologie cardiovascolari (7). L’incidenza di ischemie cardiache o cerebrali era maggiore nei forti consumatori di bibite dolci rispetto ai non consumatori, indipendentemente dalla tipologia di dolcificante.
Ancora non è chiaro il motivo, ma i dolcificanti artificiali non sembrano validi sostituti degli zuccheri per la nostra salute.
Quindi le bevande zuccherate e più in generale i dolcificanti fanno male? Una risposta univoca a questo quesito la scienza non è ancora in grado di fornirla.
Su un punto però medici e scienziati concordano: l’idratazione è importante ad ogni età, e l’acqua è la bevanda ideale.
Riferimenti Scientifici:
- Luger M et al. Sugar-Sweetened Beverages and Weight Gain in Children and Adults: A Systematic Review from 2013 to 2015 and a Comparison with Previous Studies. Obes Facts. 2017;10(6):674-693. doi: 10.1159/000484566. Epub 2017 Dec 14. PMID: 29237159; PMCID: PMC5836186.
- https://www.efsa.europa.eu/it/topics/topic/sweeteners
- Azad, M. B. et al. (2017) ‘Nonnutritive sweeteners and cardiometabolic health: A systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials and prospective cohort studies’, Cmaj, 189(28), pp. E929–E939. doi: 10.1503/cmaj.161390.
- Toews, I. et al. (2019) ‘Association between intake of non-sugar sweeteners and health outcomes: Systematic review and meta-analyses of randomised and non-randomised controlled trials and observational studies’, BMJ (Online), 364. doi: 10.1136/bmj.k4718.
- Suez J, et al. (2014) ‘Artificial sweeteners induce glucose intolerance by altering the gut microbiota. Nature. 2014 Oct 9;514(7521):181-6. doi: 10.1038/nature13793.
- Dalenberg, J. R. et al. (2020) ‘Short-Term Consumption of Sucralose with, but Not without, Carbohydrate Impairs Neural and Metabolic Sensitivity to Sugar in Humans’, Cell Metabolism. Elsevier Inc., 31(3), pp. 493-502.e7. doi: 10.1016/j.cmet.2020.01.014.
- Chazelas, E. et al. (2020) ‘Sugary Drinks, Artificially-Sweetened Beverages, and Cardiovascular Disease in the NutriNet-Santé Cohort’, Journal of the American College of Cardiology. American College of Cardiology Foundation, 76(18), pp. 2175–2177. doi: 10.1016/j.jacc.2020.08.075.